Medicina rigenerativa: il felice incontro fra ortopedia e biologia

Negli ultimi anni, il mondo dell’ortopedia è stato interessato da numerose innovazioni. Tra le più interessanti rientra senza dubbio la medicina rigenerativa, un tema sul quale si dice molto, non sempre con un approccio corretto. Di cosa si tratta? In quali casi rappresenta un valido aiuto? Vediamo assieme qualche informazione nelle prossime righe.

Cos’è la medicina rigenerativa?

La medicina rigenerativa è un incontro tra la biologia e diverse specialità mediche. Nel caso che stiamo analizzando, si parla in maniera specifica di ortopedia.

Attraverso materiali biologici di origine autologa, ossia proveniente dal corpo del paziente stesso, si procede, tramite infiltrazione, ad amplificare le capacità di guarigione di una determinata parte del corpo.

Come si può leggere sul sito Camillamaccario.it, spazio dedicato all’ortopedia curato dall’omonima chirurga che, in pochi anni, si è distinta per l’alta qualità della sua divulgazione scientifica, la medicina rigenerativa non deve essere considerata una via alternativa alla chirurgia, soprattutto quando si parla di artrosi all’anca o al ginocchio.

Quali sono gli strumenti che la contraddistinguono? Vediamo i principali nelle prossime righe, con specifiche sulle più importanti evidenze scientifiche.

Gli strumenti della medicina rigenerativa

Ecco i principali strumenti che l’ortopedico utilizza nei trattamenti di medicina rigenerativa.

PRP (plasma ricco di piastrine)

Il PRP, o plasma ricco di piastrine, viene ottenuto a seguito di un prelievo di sangue venoso del paziente, eseguito in contesto ambulatoriale. A seguito di un processo di centrifugazione, si separa una porzione di plasma caratterizzata dalla presenza di un alto numero di piastrine, che contengono fattori di crescita.

Per diverso tempo, il ricorso al PRP è stato associato a effetti rigenerativi. Per amor di precisione, è bene ricordare che, oggi come oggi, la situazione è diversa. Si è infatti consapevoli del fatto che, quando si parla di PRP, è necessario soffermarsi soprattutto sulla sua efficacia antinfiammatoria.

Attenzione: queste indicazioni relativamente al preparato, che viene iniettato localmente nella zona in cui è presente la lesione articolare, sono estremamente generiche.

Sotto il cappello “PRP” è possibile includere un’ampia gamma di alternative, che cambiano a seconda della presenza o meno di cellule come i leucociti e delle tipologie di filtro.

Essenziale, come in tutti i casi, è la personalizzazione, che deve tenere conto di aspetti come: l’età del paziente, il suo regime alimentare, l’attività sportiva, i biomarkers di benessere.

Cellule ematiche con efficacia rigenerativa

Se il PRP prevede infiltrazioni di sangue arricchito con frammenti cellulari come le piastrine, le terapie cellulari vedono il ricorso a cellule che, differenziandosi, stimolano la rigenerazione dei tessuti con i quali entrano in contatto.

Si tratta di una proprietà che, se ci si ferma un attimo a pensare, è a dir poco sorprendente. Parliamo di un retaggio prezioso del percorso evolutivo umano.

A questo punto, è il caso di chiedersi da dove vengono ricavate queste cellule. I siti di prelievo sono sostanzialmente tre:

  • Midollo
  • Tessuto adiposo
  • Sangue

In tutti i casi, si parla di tessuto autologo, ossia del paziente.

Nel primo frangente, pur essendosi ridotto, negli ultimi anni, il grado di invasività delle procedure, si parla sempre della necessità della sala operatoria, con tutte le conseguenze del caso sull’aumento dei costi.

Per quanto riguarda invece il grasso autologo, va sottolineato che, pur essendo necessaria la sala operatoria, l’esito cicatriziale finale è minimo e concentrato attorno all’ombelico.

L’approccio alle terapie cellulari rigenerative in ortopedia che risulta meno impattante per il paziente è il prelievo di sangue venoso, a seguito del quale si isolano i monociti, o cellule mononucleate da sangue periferico.

In virtù della loro efficacia rigenerativa, in molti casi può risultare sufficiente il ricorso a un’unica infiltrazione.

Tra le indicazioni principali che vedono la loro applicazione figurano le tendinopatie, l’artrosi di grado lieve o moderato, ma anche i quadri in cui la cartilagine risulta lesa a causa di un trauma.